dott. Gaetano Rizzo
“In una scrittura non si trova altro se non quello che si cerca
e non si cerca altro se non quello che si conosce”
G.E.Magnat
La Persona nel pensiero Junghiano
Secondo Jung il primo passo del lungo cammino verso la totalità, ovvero verso la realizzazione del sè, è il riconoscimento della Persona.
Il termine Persona, fu recuperato da Jung dall’omonimo latino e si riferisce alla maschera che gli attori dell’antico teatro indossavano per calarsi nei vari personaggi ed immediatamente rendere visibile il ruolo rivestito.
La Persona ha dunque, anzitutto, secondo Jung, il compito di protezione/dissimulazione dell’Io nei rapporti con l’altro.
E’ perciò tappa obbligata nella costruzione della personalità e nel processo normale di evoluzione individuale: senza la Persona l’individuo prima e la società poi sarebbero abbandonati ad un gioco senza regole.
Ruolo di mediazione, vera e propria “interfaccia” dinamica, continuamente modulata ed adattata alle circostanze, è dunque svolto dalla Persona in chi abbia a cuore il proprio inserimento nel proprio contesto socio-ambientale.
Rivestire un ruolo, indossarne i panni, atteggiarsi così come la società pretende non solo è una necessità che obbedisce a regole spesso non scritte e che tutti si aspettano di vedere applicate, ma è anche, e soprattutto, un passaggio obbligato della evoluzione individuale, esito di una mediazione fra le proprie istanze individuali e quelle collettive.
Significa fare i conti con la morale del secolo, con lo spirito del tempo, adattare la propria Persona alla Persona collettiva: all’indivividuo senza volto che rappresenta la media di tutti gli altri, pur non identificandosi in nessuno.
Quando questa mediazione va a buon fine, un individuo è quello che comunemente tutti noi chiamiamo con espressione popolare “una persona equilibrata e matura”.
E’ quindi normale che chi riveste un ruolo professionale (il medico, il magistrato, il gendarme, il burocrate, l’impiegato ecc. ecc.), adotti (spesso anche inconsciamente) un cliché di comportamento che si confà a modelli di comportamento adeguati, dismettendoli al momento opportuno ed indossando panni più comodi nella via familiare o nei contatti più informali.
Se ciò non avviene e si rimane soggiogati dalla maschera della Persona volendo mantenere, a tutti i costi ed ovunque, atteggiamenti esteriori “di facciata”, la maschera sostituirà la vera individualità proiettando a dismisura negli altri difetti e mancanze che invece le sono propri.
In questo occasione ogni lato negativo di noi stessi viene quindi attribuito agli altri, ignorando che invece ci appartiene più di quanto possiamo immaginare.
Tale meccanismo di proiezione è utile e necessario nel momento in cui la Persona va costruendo la solida facciata esteriore dell’Io, e in tale momento non si vede come se ne possa fare a meno.
Il ritiro delle proiezioni e la messa in discussione della Persona coincide dunque con l’acme della strutturazione dell’Io, cioè con quel momento autoconoscitivo che ci pone nelle condizioni di censurare noi stessi prima di attribuire agli altri colpe e difetti.
Che questo raramente accada è fin troppo evidente.
Ecco che, ad esempio, irreprensibili uomini di affari fino al momento esempio di timoroso conformismo “di facciata” all’improvviso restano coinvolti in una impensabile sbandata amorosa, o timorati cassieri sottraggono consistenti somme alle loro banche.
Indossare la maschera della Persona dunque non garantisce la sicura rimozione nell’inconscio degli istinti e non mette al riparo dai conflitti: più è rigida la maschera della Persona più dobbiamo aspettarci che l’inconscio, a suo turno, reciti la parte in modo clamoroso.
Se la Persona ha dunque una indispensabile funzione nella strutturazione dell’Io, può acquistare col tempo potenzialità negativa il cui fine e di spingerci nelle braccia dell’Ombra.
Partendo da questa affermazione Jung dice che in una certa età della vita, identificata con l’età di mezzo, la Persona deve essere riconosciuta ed integrata dalla coscienza, dando spazio al colloquio con l’Animus o con l’Anima.
Questo mancato dialogo fra Io cosciente ed inconscio personale e collettivo può scatenare forze troppo a lungo represse ed innescare vari disturbi di personalità.
Il conflitto tra le forze della coscienza e quelle dell’inconscio può, per esempio, sfociare in un disturbo di personalità paranoico.
La Persona costruita a difesa dell’Io, di cui sente vulnerabilità, e spesso il vuoto e le carenze, deve, in un certo periodo della vita, cadere per essere integrata all’Io cosciente, sempre che esistano i presupposti di crescita individuale e di presa d’atto della propria natura.
La Persona nella scrittura
Una accurata ed elegante grafia dell’Ottocento oggi certamente non verrebbe più giudicata con occhio tanto benevolo: troppa rigidità, forme iperstrutturate in segno di difesa ad oltranza delle proprie posizioni, di apparire a tutti i costi, di esibizione di qualità non sempre possedute, ma soprattutto di evidente propensione ad un atteggiamento giudicante dell’altro.
Un discorso a parte meritano i ricci, la cui osservazione è di fondamentale importanza nel valutare la presenza della Persona in una scrittura.
Questi gesti fuggitivi, ben identificati e descritti dal Moretti, sono veri segnali emessi e lasciati dall’inconscio eccessivamente compresso dalla Persona.
Merito del Moretti è quello di aver identificato il significato di ognuno di questi gesti, valutandone l’importanza di volta in volta diversa quando combinati ad altri segni.
Alcuni di questi ricci sono, a nostro avviso, espressione di mancata integrazione e quindi mancato riconoscimento della Persona.
I ricci possono inoltre essere interpretati come segno generale di disagio, di squilibrio inteso come mancata integrazione degli opposti junghiani: ovvero di non raggiunta unità interiore.
Alcuni di questi gesti hanno nei riguardi della Persona un particolare significato: vediamo quale.
1. Ricci della Spavalderia (secondo Moretti)
Sono quei gesti allungati che si dirigono verso sinistra sopra la parola da cui vengono generati come atto grafico conclusivo, o comunque quei gesti impulsivi (segno di carattere collerico) volti a “dominare lo spazio” (Moretti).
Moretti dice che chi ha questo segno “si stima capace di fare ciò che fanno gli altri, tende a non stimare le cose altrui, appunto perchè la spavalderia gli impedisce di approfondire il vero valore delle cose”.
2. Ricci del soggettivismo (Moretti)
In tali ricci il gesto è allungato alla base della parola in linea retta orizzontale, ed in modo accurato: Moretti dice che è “l’apparenza della verità che si veste dell’io..... insomma tutto un complesso di falsificazioni, di aspetti fittizi in tutte le circostanze, in tutte le azioni del giorno, del mese, dell’anno”.
La perseveranza del gesto mette quindi in luce il voler apparire più che l’essere, la volontà di mostrarsi come in realtà non si è, accentuando la difesa ad oltranza della Persona (scritturata accurata compita morettiana).
3. Ricci della Mitomania (Moretti)
Moretti classifica immediatamente patologici i ricci che partendo dalla base della parola si dirigono in linea retta verso l’alto. “Essi indicano la tendenza alla fissazione sopra una idea e alla mitomania”. Aggiunge lo stesso autore che sono anche patologici quei ricci che si dipartono dalla base della parola e si dirigono in basso in linea retta, sotto la lettera.
Sono da interpretare come il corrispettivo di segnali proiettivi, comunque rivolti verso l’alto o verso il basso dello spazio grafico. Una estrema ricorrenza di tali segni è l’equivalente di pensiero delirante, a tema obbligato, come quella della schizofrenia paranoidea.
4. Ricci del nascondimento (Moretti)
Sono ricci rivolti indietro sotto la parola, e secondo Moretti “indicano la cura per occultare il proprio io”. La necessità di occultare il proprio pensiero o sentimemto svelato da tale riccio, esprime l’intenzione di non svelarsi all’altro, di non dichiararsi apertamente, ma di voler mantenere occultato il proprio vero io, dandosi un’immagine esteriore diversa.
5. Ricci dell’ammanieramento (Moretti)
Come dice Moretti è il riccio artistico nelle maiuscole, nelle minuscole, al principio, in mezzo o alla fine della parola. Questo riccio svela, dice Moretti, una tendenza alla ipocrisia, alla adulazione all’arte dell’inganno.
Una scrittura eccessivamente ammanierata, ricca di inutili orpelli, è un vestito di scena il cui compito è colpire l’altro, irretendolo in una trama di falsità. Questi lacci seduttivi (cfr. scrittura a laccio della grafologia francese) sono la gestualità della Persona che continuamente si dissimula e si atteggia per ottenere i suoi scopi.
Esaminando una grafia possiamo essere in grado di valutare se questo processo di integrazione sia o no completamente avvenuto, se al contrario domini la Persona, o se questa è stata del tutto rifiutata.
In sintesi avremo:
1. Mancata integrazione e riconoscimento della Persona
2. Integrazione della Persona
1. Mancata Integrazione della Persona
Si può verificare per diverse motivazioni, ma più probabilmente ciò si verifica per:
a) aver acquisito norme di comportamento che sono rassicuranti per l’ambiente sociale, anche se non corrispondono alla vera personalità del soggetto. In questo caso la “facciata” cela in modo definitivo il vero carattere e le vere inclinazioni; viene mantenuta fin che il contenuto inconscio non acquista tale forza da pretendere di far vivere la funzione inferiore.
b) totale carenza di iniziativa o di originalità, il che fa prevalere la volontà di non contraddire il gusto corrente, la morale in uso, la moda del tempo; l’integrazione nel gruppo ne viene facilitata, rispecchiandone il gusto e le inclinazioni (scritture adolescenziali, ovvero scritture artificiali collettive).
c) volontà di dissimulazione (scrittura sistematizzate), consciamente o inconsciamente adottata. In questo caso è prevalente un meccanismo di difesa, atto a mascherare le proprie carenze, le proprie insicurezze, per cui il gesto è più rigido, spesso caricaturale, pieno di tics, che evidenziano, più che celare, i limiti della vera personalità dello scrivente.
Caratteristiche generali delle scritture Persona non integrata sono:
- una mancanza di scorrevolezza del gesto grafico, con bassa velocità di esecuzione;
- una certa rigidità del tratto;
- una mancanza o una scarsa presenza di originalità;
- una gestione dello spazio di tipo invasivo, con disarmonia delle masse grafiche;
- una evidente differenza fra la firma e il testo;
In particolare le scritture Persona non integrata si suddividono in:
-Le scritture accurate compite (secondo la definizione morettiana), ovvero quelle in cui la gestualità grafica pur costretta ad un modello calligrafico appreso, esprime volontà di uniformarsi, di far bene, di rispettare le regole, anche a costo di soffocare la propria spontaneità e naturalezza.
Le grafie adolescenziali cui appartengono:
- le scritture narcisistiche, (accurata compita con vezzosa o con ricci della vezzosità della scuola morettiana) come manifestazione della Persona che occulta un Io fragile che si costruisce un guscio, una facciata protettiva dal mondo esterno a difesa di soggettive carenze. In questo caso la forma sostituisce l’espressività del movimento, lo stile prescelto ( il più spesso è la scrittura ovalizzata) rappresenta l’Io in atto di concentrazione su di sè.
Le scritture sistematizzate cui appartengono:
- le scritture artificiali individuali ( accurata studio - compita levigata -studiata levigata del Moretti) - fra queste ricordiamo lo stampatello, ed elaborazioni della scrittura di particolari professionisti - che, se carenti di vera originalità, nascondono dietro una rassicurante facciata di tecnicismo complessi di inferiorità e complessi affettivi.
La forma domina sul movimento, la giustapposizione sul legame dinamico, la lentezza come segno di studiosità della gestualità, l’apparire in sostituzione dell’essere.
E’ evidente pertanto la scissione fra l’Io reale e l’Io ideale: l’uno ignora l’altro e si realizza quella pericolosa dicotomia, quella frattura della personalità che caratterizza il disturbo paranoide di personalità.
Il delirio nelle sue varie forme diventa pervasivo ed informa con la sua presenza ogni attività del paziente. La pervicace difesa della Persona, che ha qui varcato le soglie della giustificata difesa dell’Io, mantenuta ad oltranza e priva di ogni autocritica può sfociare direttamente nella follia (schizofrenia paranoide).
Fanno corpo a sè le scritture stilizzate evolute che rappresentano un riconoscimento della persona ed una presa d’atto dei suoi limiti, anche se l’integrazione della persona non è sicuramente avvenuta.
2. Integrazione della Persona
Le scritture che dimostrano l’avvenuta integrazione della Persona ( cfr. Accurata spontanea della scuola morettiana) hanno le seguenti caratteristiche:
- un ritmo più vivace e sostenuto, una maggiore scorrevolezza che tuttavia mantiene il criterio della leggibilità e della rispondenza al modello calligrafico;
- frequenti semplificazioni nel senso di una spontaneità reale e non costruita;
- una maggiore proporzione fra le zone (sup.- media e inf.) in segno di una corretta gestione delle istanze dell’Io;
- un equilibrio nella gestione della masse grafiche con una ottimale distribuzione dei neri e dei bianchi e con una ordinata gestione dello spazio grafico
La maggiore scorrevolezza di queste scritture è assicurata dalla scelta della curva e della ghirlanda, che in termini di economicità energetica viene supportata da un tratto elastico, di basso grado di tensione (grado II secondo Phophal).
Concludiamo dicendo che esiste secondo alcuni AA. una terza eventualità: quella del rifiuto della Persona.
E’ evidente che il rifiuto assoluto della Persona, se coscientemente adottato, significa rifiuto delle convenzioni sociali, delle regole morali, di ogni tipo di costrizione esteriore. Il rifiuto della Persona si può quindi ritrovare nelle scritture dei malviventi abituali, ed in genere di tutti coloro che stanno ai margini della convivenza civile.
E’ tuttavia possibile liberarsi dalla Persona per dare possibilità all’Io di esprimersi senza vincoli e costrizioni di alcun genere: è quando accade spesso a poeti, pittori, artisti in genere e a tutti i creativi che incarnano il “genio ribelle” del loro tempo. La letteratura grafologica ha illustrato ampiamente le grafie di molti uomini illustri, che hanno queste caratteristiche grafiche.
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